L’edizione 2023 di Ecomondo, la più grande fiera italiana sull’economia circolare, ha visto protagonisti aziende, centri di ricerca, rappresentanti dell’UE e di importanti studi legali nell’importante evento Accelerate the Circular Transformation in textile industry sulla creazione di valore nel settore del tessile. La conferenza è stata organizzata da Eleonora Rizzuto, Officer della Sostenibilità del Gruppo LVMH, membro del comitato scientifico di Ecomondo e Presidente-fondatrice AISEC, Associazione Italiana per lo sviluppo dell’Economia Circolare, e ha ospitato in apertura il Presidente della Camera Nazionale della Moda, Carlo Capasa, ed il Presidente di Sistema Moda Italia, Sergio Tamborini.
I temi principali discussi hanno riguardato il modello economico circolare nell’industria del tessile e nel campo della moda, nonché il panorama legislativo, le buone pratiche delle maggiori aziende del fashion, il valore del savoir-faire italiano, le prospettive e le lacune ancora esistenti, e, non da ultimo, le pratiche di urban mining.
È stata un’ottima occasione per presentare la piattaforma logistica per l’economia circolare realizzata dal Gruppo LVMH, il più grande player mondiale del Lusso. Le 75 maisons di cui si compone LVMH forniscono un campo di gioco incredibile per esplorare nuove strade per la circolarità tra le sue attività. A monte, i prodotti devono essere progettati per garantire la durata, utilizzando materiali di alta qualità, che a loro volta richiedono una conoscenza approfondita dei fornitori e del paese di origine delle principali materie prime; ma anche prevedere di dare loro una seconda vita, oltre le soluzioni di manutenzione e riparazione. In questo modo, a valle, una volta che un prodotto ha raggiunto la fine del suo uso iniziale, il prodotto stesso o i materiali da cui è stato fatto possono essere riutilizzati o riciclati. In questo modo, i prodotti possono avere una seconda prospettiva di vita disassemblando gli oggetti invenduti e riutilizzando i componenti. Nel 2022, ad esempio, oltre 190.000 metri di tessuti sono stati riciclati dal Gruppo LVMH.
Il Progetto è coerentemente inserito nell’ambito globale di LIFE 360, la strategia ambientale del Gruppo LVMH che ha stabilito target ambiziosi per il 2023, 2026 e 2030, sulla base del programma LIFE 2020 (LVMH Initiatives for the Environment).
Il progetto è ispirato all’esperienza francese di CEDRE – Centro Ambientale per la Scomposizione e il Riciclo degli Imballaggi Ecologici creato dal Gruppo in Francia dal 2009 -, ma agisce in ambito italiano, ove deve fare i conti con iter autorizzativi più complessi. E su questo punto è stato importante ribadire la necessità di “accelerare” la trasformazione circolare anche in campo regolatorio. Per un Paese povero di materie prime e geograficamente marginale rispetto ai grandi mercati del centro Europa come il nostro, la completa transizione verso l’economia circolare rappresenta un obiettivo strategico per affrontare le grandi trasformazioni che stanno investendo l’economia globale. La creazione di nuove catene di approvvigionamento di materie prime seconde, in sostituzione delle materie prime vergini, è uno degli elementi che sta alla base del nuovo modello di produzione e consumo volto all’uso efficiente delle risorse e al mantenimento circolare del loro flusso nel Paese: una sfida epocale ma necessaria per poter essere competitivi.
Il confronto si è focalizzato, inoltre, sull’importanza di saper trasmettere savoir-faire e competenza al fine di raggiungere eccellenza e continuità nei lavori artigiani, creando oltretutto nuovi posti di lavoro. Ne è emerso che l’80% delle aziende del Gruppo LVMH nel 2022 ha implementato una politica strutturata per salvaguardare e trasmettere le competenze chiave legate alla tradizione. Alcuni esempi sono l’LVMH Institut des Métiers d’Excellence, programma di formazione professionale per il settore dei beni di lusso basato sul formato lavoro/studio, che ha accolto 450 nuovi studenti in Francia, Svizzera, Italia, Spagna, Giappone, Germania e Stati Uniti, e la Bvlgari Jewellery Academy di Valenza, programma di formazione interna dedicato a giovani artigiani. Per ultimo, si ricorda l’Accademia Massoli fondata da Fendi e la Sartoria Massoli, un rinomato atelier di alta moda, ulteriori progetti concepiti per trasmettere il savoir-faire unico della sartoria a nuove generazioni di artigiani e per tutelare il prestigio dell’artigianato “Made in Italy”.
Sul tema dell’urban mining, alla luce dell’importanza strategica giocata dal ruolo delle città, anche e soprattutto in seguito all’impatto che l’emergenza COVID ha determinato sui comportamenti e gli stili di vita, occorre realizzare una mappatura del territorio dal punto di vista delle disponibilità in termini quantitativi e della economicità dell’estrazione rispetto ai prezzi di mercato. Bisogna approfondire la conoscenza di ciò che un tessuto urbano produce e dei processi di smaltimento degli esuberi, in modo da poterne valorizzare ogni aspetto.
Per esempio, provengono buone notizie dalla filiera cartaria, uno dei settori trainanti dell’economia circolare. A partire dal 24 febbraio 2021, i rifiuti di carta e cartone cessano, infatti, di essere qualificati come rifiuti assumendo la qualifica di “recuperati” e quindi possono essere adoperati per altri scopi (in conformità della norma UNI EN 643). Occorre quantificare ed intercettare queste preziose materie attraverso una mappatura digitale, un database di cui le comunità debbono servirsi. Per quanto riguarda i rifiuti elettrici ed elettronici, come computer, batterie o rottami di veicoli, invece, ne esiste uno chiamato Urban Mine Platform. Esso è utilizzabile in ben 30 stati europei e permette di tracciare oltre 18 milioni di tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici. Database di altre materie stentano a decollare e questo non aiuta nel processo di recupero delle materie dalle città.
In Europa aumenta la pressione verso una visione più sostenibile delle città, incoraggiando l’uso di indicatori parametrati secondo gli SDGs dell’Agenda 2030, e tra questi, ricordiamo, si annoverano quelli legato al recupero di materia. Infatti, l’UE, attraverso il Joint Research Center (JRC) della Commissione, ha messo a disposizione di tutti i governi locali lo “European handbook for SDG Voluntary local review” con l’obiettivo di fornire una guida a decisori politici e amministratori di tutte le comunità locali europee per creare la propria Voluntary local review (VLR), supportandoli nella scelta degli indicatori, mentre Eurocities ha pubblicato “Paving the way for sustainable cities. Eurocities report on the implementation of Sustainable Development Goals at local level”.
In relazione all’analisi riguardante le città e al loro processo di miglioramento in termini di crescita sostenibile, possono risultare particolarmente utili i Rapporti annuali di Istat sugli SDGs8 e sugli indicatori del Benessere equo e sostenibile (BES). Il Benessere equo e sostenibile (BES) fornisce un insieme di dati che consentono di rappresentare quanto un territorio sta bene, attraverso 130 indicatori, che illustrano 12 domini rilevanti. Nel corso del 2018-19, una ventina di Comuni italiani hanno lavorato (accompagnati lungo un percorso sperimentale predefinito) per mettere in contatto gli indicatori del BES con lo strumento della programmazione, cioè il DUP. La sperimentazione è consistita nella creazione di una coerenza tra programmazione (il DUP), gestione (il bilancio) e la valutazione degli effetti (attraverso il BES). La sfida proposta ai Comuni è stata di associare gli indicatori del BES con le 12 missioni/programma previste dal bilancio comunale. L’obiettivo finale è quello di integrare nel DUP una matrice delle politiche che permetta di capire le connessioni tra le strategie adottate e gli effetti della loro attuazione.
I vantaggi di questo strumento sono evidenti: nell’immediato si ottiene una migliore la comprensione delle politiche dei Comuni e una maggior capacità di comunicarle agli stakeholder; connettendo le politiche con indicatori misurabili, si agevolano i processi di valutazione, permettendo alle amministrazioni di aumentare l’efficacia delle loro decisioni; inoltre, si possono confrontare potenzialmente in modo più semplice le diverse realtà comunali fra di loro in una sorta di benchmarking, che possa fungere da sprono a un miglioramento continuo delle proprie performance in relazione agli SDGs.