Urge una governance per gestire la crisi climatica.
La necessità di una governance per gestire la complessità della crisi climatica è sempre più incombente e si colloca all’indomani della petizioni lanciata dalla Società italiane per le scienze del clima e dell’appello del premio nobel per la fisica 2021, Giorgio Parisi nel richiamare attenzione, sensibilità e senso civico a tutta la Politica rispetto alla crisi climatica che stiamo vivendo.
Come Associazione Italiana per lo Sviluppo dell’Economia Circolare (AISEC) ci uniamo al monito della Scienza per invitare ad un maggior dialogo sulle questioni fondanti l’Economia Circolare. Ci appare lampante l’esigenza di dotarsi di una governance centrale, science-based, e capace di trasformare tutti i settori dell’economia tenendo in considerazione gli impatti sociali che la transizione comporta e prevederà.
L’Unione Europea si è dotata di una Legge europea sul Clima che fa seguito al Green Deal Europeo e mira a predisporre un quadro di riferimento per il conseguimento della neutralità carbonica al 2050, contribuendo all’attuazione degli obiettivi climatici di Parigi e di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
In quest’ottica dotarsi di una governance centrale aiuta non solo a raggiungere gli obiettivi climatici europei, ma può anche facilitare la programmazione economica, migliorare la sicurezza degli investimenti ed attrarli, aumentando la trasparenza e il coinvolgimento degli stakeholder, della società civile, del mondo della ricerca.
L’impact assessment , pubblicato a settembre 2020 dalla Commissione Europea, mostra:
- l’esigenza di fissare target intermedi più stringenti per azzerare le emissioni di gas serra al 2050. Gli attuali obiettivi settoriali, al netto della crisi da COVID-19, non sono sufficienti, sia in termini di portata che di tempi, per raggiungere l’obiettivo climatico;
- il ruolo strategico della governance, decisiva nel garantire politiche stabili e coerenti a livello settoriale con la neutralità carbonica.
Le modalità per conseguire la reale decarbonizzazione, infatti, andrebbero individuate fissando degli obiettivi assoluti di riduzione delle emissioni per tutti i settori dell’economia.
Per i settori inclusi nel sistema di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra (ETS) (i.e. industrie energetiche, settori industriali energivori e aviazione), la riforma del meccanismo ETS dell’Unione Europea , come da comunicazione della Commissione , ha rafforzato il segnale di prezzo della CO2. Tuttavia andrebbe definito un prezzo minimo del carbonio per i settori ETS.
A tal proposito per l’utilizzo dei proventi derivanti dalle aste delle quote ad emettere del sistema ETS bisognerebbe prevedere una maggiore garanzia sul rispetto di una condizionalità ambientale che favorisca politiche di decarbonizzazione di lungo periodo, valorizzando gli impieghi con basso impatto ambientale e scoraggi l’utilizzo di tutti i combustibili fossili.
Per i settori non ETS (trasporti, residenziale, terziario, industria non ricadente nel settore ETS, agricoltura e rifiuti) fissare degli obiettivi per Paese e settoriali sulla base dell’intensità di carbonio potrebbe essere una valida soluzione. Il meccanismo prevede un calcolo dei budget di carbonio per ciascun settore in linea con la traiettoria dell’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni nette al 2050.
Il concetto di carbon budget , ripreso dal Climate Change Law del Regno Unito nel 2008 per limitare le emissioni annuali, è definito nel Rapporto Speciale sul Riscaldamento Globale di 1,5°C dell’IPCC , come la quantità di CO2 che può essere ancora emessa nell’atmosfera senza pregiudicare il riscaldamento climatico nei limiti (di 2°C o 1,5°C in più rispetto ai valori pre-industriali). Il rapporto speciale 1,5°C, ha stimato i valori compatibili per contenere gli aumenti di temperatura “ben al di sotto dei 2°C con l’impegno di mantenerli a 1,5°C” entro al fine del secolo, come richiesto dagli impegni internazionali e come assunto dall’Accordo di Parigi.
In questo contesto si configura centrale la governance che:
- armonizza obiettivi e politiche climatiche;
- monitora annualmente i progressi settoriali;
- raccomanda misure allineate ai moniti della comunità scientifica.
L’orizzonte temporale di lungo periodo, il miglioramento della capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, il rafforzamento della resilienza, la prevenzione e la competenza, l’innovazione tecnologica e la trasformazione digitale sono fattori indispensabili per la costruzione di una transizione giusta, socialmente equa, ecologica e sostenibile energeticamente (i.e. a prezzi accessibili e con un mercato interno dell’energia ben funzionante).